Più la guardo e più la detesto, più la incontro e più la odio.
È un’immagine troppo nitida che mi è stata addossata –vorrei sfumarla con le dita, reinventarla-, non ha modo di sorridere se non con fili tesi da chissà quale burattinaio.
La gola brucia e nel ventre un parassita reclama qualcosa che rifiuta.
Orribile visione è quella di se stessi quando non basta più un battito di palpebre per stare bene, quando vorresti non alzarti per stare nel letto a rimuginare.
E fuori piove, lontano, contro il vetro appannato della stanza, piove e non smette ma dietro la finestra non c’è uno sguardo.
Mi chiedo perché divertirsi tanto quando qualcuno perdendo ha dichiarato la resa.
Non vi è il ritorno, il fronte ormai lontano brulica di anime in pena, di tanto in tanto le osservi, ti sembra di vederle sul ciglio della strada, poi tremi, fa freddo ma sorridi lo stesso.
Quel riflesso non piange.

Racchiuse possessivamente l’una contro l’altra, le dita intrecciate quasi con premura descrivevano minuziosamente un amore frastagliato, ugualmente mosse da una perizia puramente tecnica si schiusero. A tratti fugaci, deboli eppure sprezzanti in vigorosi gesti, petali cristallizzati si mostrarono ad un pubblico di fantocci. Non avrebbero udito quella calda melodia stridere contro di loro poiché privi di orecchie. Il tatto non sussisteva in corpi senz’anima.
Vola piccola farfalla.

Un impeto sensuale si estendeva senza fiato come un rampicante, una scia luminosa percorreva l'infinito ed il gelo cospirava sulle deboli membra, cristallizzava i dolci capelli scossi dal vento e la nebbia soffocava un petto privo di passione. Nessun suono echeggiava nella valle, solo il mormorio del cosmo sbatteva impetuoso sulle pareti rocciose ed impavido creava specchi sulle dita tese: polpastrelli lividi.

Un seme che muore là dove vede la luce, parassita delle carni lacere, avvolte da uno strato di pelle dura come la porcellana. Si chiude e si riapre, germoglia ed ammuffisce poichè macera nel ventre.

Il finale. Ho visto quel finale per una sola volta ed ancora l’osservo grazie ai ricordi che esso ha suscitato in me, domandandomi se qualcuno conoscerà mai il mio così come io lo conosco. Tutto ha il suono di una bellissima melodia, come gocce che cadono l’una dopo l’altra e divengono magnifico suono in uno spartito che ha composto il caso.